Con l’approvazione in via definitiva del CSRD si segna una svolta epocale nel campo della rendicontazione di sostenibilità. Vediamo in che modo.
L’Unione Europea ricopre un ruolo sempre più predominante nella lotta contro il cambiamento climatico e da anni è in prima linea per la formulazione di norme e l’erogazione di fondi volti alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile.
Non sorprende quindi la proposta della Commissione europea, risalente allo scorso aprile 2021, sull’obbligatorietà della rendicontazione di sostenibilità. La nuova norma è stata approvata da Parlamento e Consiglio in via definitiva il 28 novembre 2022 ed è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 14 dicembre 2022. La CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) rafforza la norma precedente, la NFRD del 2014, introducendo l’obbligatorietà per tutte le grandi imprese e le PMI quotate in borsa, ad eccezione delle microimprese quotate, a rendicontare la performance di sostenibilità. Inoltre, vigerà l’obbligo anche per le società non europee che fatturano almeno 150 milioni di euro in UE.
Le aziende saranno chiamate a rendicontare sulla base di standard comuni e vincolanti, gli ESRS (European Sustainability Reporting Standards) forniti dall’Unione europea. Gli standard sono stati elaborati dal gruppo di lavoro EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) e sono allineati con gli standard GRI, le linee guida di rendicontazione di sostenibilità più utilizzate al mondo.
La CSRD entrerà in vigore in modo graduale, in particolare:
L’approvazione della CSRD segna una svolta nel campo della rendicontazione di sostenibilità, infatti, se precedentemente le aziende coinvolte e obbligate a produrre il bilancio di sostenibilità erano circa 11.500, con la nuova norma queste passeranno a quasi 50.000. Sarà quindi essenziale conoscere i temi e gli aspetti da riportare richiesti dalla CSRD.
Innanzitutto, le aziende dovranno rendicontare non solo sui temi ambientali, ma dovranno fornire informazioni riguardo materie come i diritti umani, corruzione e riciclaggio, responsabilità sociale, inclusione e diversità e governance aziendale, inoltre dovranno essere inseriti chiarimenti riguardanti l’impatto ambientale e sociale dei propri fornitori. I dati raccolti non saranno più pubblicati in un bilancio a parte, come invece succedeva con la NFRD o per quelle aziende che rendicontavano su base volontaria, ma saranno integrati alla Relazione sulla Gestione di fine anno in modo da garantire agli investitori e agli altri stakeholder una visione complessiva e trasparente.
In secondo luogo, la CSRD introduce il concetto di doppia materialità, per il quale le aziende non dovranno più limitarsi a comunicare le loro performance sui temi di sostenibilità, ma dovranno anche evidenziare i rischi legati ai cambiamenti climatici e le questioni relative ai diritti umani e altre tematiche che potrebbero impattare la loro attività.
La CSRD è solo una delle ultime norme approvate in sede europea sul tema della sostenibilità e che si inserisce nello schema più ampio del Piano d’Azione della Finanza Sostenibile. Di quest’ultimo fa parte anche la Tassonomia Europea, entrata in vigore a gennaio 2022, che ha l’obiettivo di definire, in base a specifici criteri, quali attività economiche si possano definire sostenibili. I criteri individuati dalla Tassonomia vengono ripresi anche dalla CSRD e nel dettaglio sarà richiesto di rendicontare su indicatori chiave di performance per stabilire in che misura le aziende sono allineate ai criteri della Tassonomia. In questo contesto la CSRD si pone quindi come uno strumento utile per guidare gli investitori verso scelte più consapevoli e sostenibili.
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