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//Select CountryL’emergenza mondiale che stiamo vivendo suggerisce molteplici riflessioni sui concetti di “rischio di discontinuità” e di “continuità operativa”, a seconda di applicarli ad ambiti che spaziano dall’esperienza domestico-familiare, al mondo del business, dell’amministrazione e della collettività. Il “rischio di discontinuità” di un’attività (o di un processo) è per definizione la combinazione della probabilità che l’attività si interrompa con l’effetto prodotto dall’interruzione.
All’inizio del 2020, con l’entrata in scena del Coronavirus, il mondo è cambiato forse irreversibilmente, a partire dalla consapevolezza delle persone, siano essi cittadini, lavoratori, imprenditori, governanti. Tutti indistintamente ci siamo resi conto che per evitare danni maggiori rispetto a quelli subiti semplicemente per non aver diffuso immediatamente l’allarme del contagio, bisognava innanzitutto rimanere a casa.
E qui veniamo al concetto di “continuità operativa”, che nel mondo ISO (International Organization for Standardization) è formalmente definito come “capacità di un’organizzazione di mantenere la consegna di prodotti e servizi a livelli accettabili predefiniti a seguito di una interruzione”. In altre parole, la continuità operativa corrisponde a un “atteggiamento gestionale” che valuta il rischio di accadimento di interruzioni “produttive” dovute alle minacce cui è sottoposta l’organizzazione, e che predispone delle strategie di contenimento e contrasto, mettendo a disposizione con anticipo (cioè in “tempo di pace”) le risorse (umane e materiali), le informazioni e le procedure.
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